Questi sedici anni che immenso dono sono stati

Questi sedici anni che immenso dono sono stati

Il vescovo mi ha chiamato a guidare la comunità di Colognola. La mia bellissima avventura longuelese si interrompe. Purtroppo i preti sono e fanno così. Ma i legami, quelli veri, sono certo rimarranno. Ho solo nel cuore gratitudine

editoriale marzo 2024

Tocca a me dare la notizia ed è una notizia che avrei preferito non dare. Il vicario generale – a nome del vescovo Francesco – mi ha chiamato proponendomi una nuova parrocchia. Io ho accolto l’invito. E così, nelle celebrazioni di sabato 16 e domenica 17 marzo scorso, ho annunciato che il vescovo mi ha assegnato la parrocchia di San Sisto papa e martire in Colognola. Chiudo la mia esperienza a Longuelo, anche se rimango ancora in città. Chiudo dopo sedici anni. Una storia lunga, nutrita, corposa. Bellissima. Non è poca cosa, almeno per me. Mi devo preparare, perché non so come si fa a lasciare una comunità che è un popolo fatto di tanti volti amici, di collaboratori e volontari, di famiglie, bambini e ragazzi, anziani, ammalati. La vita dei preti è davvero strana (e a volte incomprensibile): appena cominciano a costruire buoni legami sono chiamati a rinunciarci. A sessantadue anni non mi è proprio facile. Non si può cominciare sempre da capo, ogni volta. Forse, però, il cambiamento, che era nell’aria, è giusto che avvenga. Per la comunità stessa, per me. Mi sono interrogato: forse quello che potevo dare a Longuelo, l’ho dato. Poco o tanto che sia, è stato tutto quello che potevo. Nel bene e male, con qualche pregio e parecchi difettucci. Forse è sano che dopo tanto tempo ci sia qualcun altro a far veleggiare la barca. Non so se questo è l’articolo più appropriato per stendere bilanci. Sempre che valga la pena stenderne uno. Mentre entravo dal vicario generale per accogliere la notizia i ricordi hanno letteralmente assalito (e affondato) la mia mente. Ma soprattutto il mio cuore. Del resto ricordo etimologicamente rinvia al latino re-cor/cordis, cioè un cuore che va all’indietro. Anche il mio cuore ha fatto un doppio, triplo salto carpiato all’indietro, una folle corsa per raccogliere in un nanosecondo un forziere di memorie d’oro per le quali c’è solo da essere grati: le convivenze con gli ado e le uscite con i giovani, le vacanze familiari, i viaggi di comunità, i pellegrinaggi, a piedi e non solo, gli ospiti amici che hanno affollato la nostra tenda in cemento, gli incontri artistico-culturali, la predicazione e le meditazioni, i molteplici eventi di e con il quartiere, i genitori incontrati per i sacramenti dei figli, i giovani sposi o conviventi, i genitori con i loro piccoli per il battesimo, il popolo che ho accompagnato nella morte e affidato alla misteriosa tenerezza divina, i poveri più o meno bisognosi (e non sempre sinceri) che ogni tanto bussavano alla porta della canonica. E, poi, ancora le mille riunioni, di comunità e di rete. Le convivialità. I colloqui personali. Le confidenze. Le sofferenze e le amarezze. Le esplosioni di gioia. Tutto è stato grazia, occasione di maturazione umana. E di fede. Poi mi sono venute alla mente anche le persone che ho deluso o che hanno ricevuto torti da parte mia e la non adeguata considerazione. Ricordo quelle che non hanno visto in me un testimone serio del vangelo e della chiesa. Ho da chiedere perdono a molti. In questi trentotto anni di ministero di prete ho vissuto differenti esperienze pastorali – San Tomaso come curato, educatore in Seminario, qualche studio a Roma con i gesuiti che non ha portato a nulla, i sette anni in Valle Taleggio come sette anni in Tibet, il breve passaggio a Curnasco, gli effervescenti dieci anni a L’Eco di Bergamo – ma nulla può essere paragonato a questi anni longuelesi. Nulla. Adesso mi devo concentrare sui prossimi passaggi comunitari, prima del trasloco (mi vien male al pensiero): Pasqua, innanzitutto. Vi aspetto lì. E, poi, Nizza con le giovani famiglie, il cammino delle terre mutate, la Festa di comunità, il Cre, il GranCre in Polonia, la settimana con le famiglie in Piemonte e non so cos’altro ancora. Colognola probabilmente sarà la mia ultima comunità. Non la conosco. Non conosco niente di quel territorio. Ed è meglio così. Entrerò nella nuova realtà senza pregiudizi, accogliendo quello che mi verrà offerto. La differenza la fanno sempre le persone. E a Longuelo chi verrà? Don Luigi Manenti, attuale parroco di Monterosso. Gli auguro tutto il bene possibile. E vorrei che il nuovo parroco sapesse già fin d’ora che è fortunato: Longuelo è un quartiere meraviglioso e lui troverà una comunità di donne e uomini che sapranno spendersi. Io qui mi sono trovato bene. Soprattutto, mi sono sentito immeritatamente molto amato. Che è l’unica condizione necessaria per stare bene in questo mondo. Perché, appunto, la differenza la fanno sempre le persone. Vengono sempre prima delle azioni e delle pratiche pastorali, delle strategie e delle riforme. Riempiono il cuore di speranza. E fanno capire che la vita vale sempre la pena. Buona Pasqua, dolcissima Longuelo.


Buona Pasqua a tutte le famiglie del quartiere, senza distinzioni. Con stima e un’infinita gratitudine. Rivolgo a tutti gli auguri di promettente risurrezione, insieme con don Giuliano e don Enrico.

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