Premiata la biodiversità della Valle di Astino

Premiata la biodiversità della Valle di Astino

Una valle incastonata ai piedi di Città Alta, a pochi passi dal frenetico centro cittadino e a qualche decina di chilometri dalla industrialissima Milano. Eppure, questa valle, esposta per decenni al rischio di urbanizzazione, resiste caparbia. Stiamo parlando, naturalmente, della Val d’Astino che con il progetto “La biodiversità dentro la città” ha recentemente ricevuto il Premio nazionale del paesaggio 2021. Un riconoscimento importantissimo che premia un lavoro ultradecennale e uno sforzo economico da oltre 30 milioni di euro.
Ne abbiamo parlato con Gabriele Rinaldi, direttore dell’Orto Botanico di Bergamo “Lorenzo Rota”.

Quali sono i punti di forza che hanno reso possibile la vittoria di un premio così prestigioso?

Anzitutto c’è da sottolineare che siamo comunque in un contesto urbano, a pochi passi dal centro di una delle città italiane più soggette alla metropolizzazione per via della sua vicinanza a Milano. Nonostante questo, la valle è riuscita a conservare un latifondo per secoli, sopravvivendo a quell’ondata di urbanizzazione spinta che ha cementificato l’Italia nella seconda metà del secolo scorso. In questo contesto agiscono in sinergia l’Orto Botanico, il cui intento è quello di diffondere cultura sulle piante e sulla biodiversità, e la Fondazione Misericordia Maggiore (Mia), la cui missione è gestire patrimoni da valorizzare e da restituire alla cittadinanza.

Ci racconta il percorso di restauro e valorizzazione che è stato fatto su Astino?

È stato un percorso lungo, cominciato nel 2007 con alcune convergenze comuni da parte di enti pubblici e privati quali il Comune, la Regione, la fondazione Mia, la diocesi e il Parco dei Colli. L’idea iniziale era recuperare il monastero medioevale che sembrava destinato alla decadenza. Si era partiti con i migliori propositi e le migliori intenzioni ma la crisi del 2008 ha cambiato le carte in tavola anche in modo drastico: il progetto di trasformazione è ricaduto sulle sole spalle della Mia che, con determinazione, ha portato a termine un lavoro importante. Per quanto riguarda la parte agricola e forestale la svolta è stata Expo 2015 grazie alla quale sono stati portati a maturazione dei progetti che erano solo sulla carta già da diversi anni. La presenza dell’Orto Botanico ad Astino, ad esempio, io l’avevo sognata dai primi anni 2000 ma è stata possibile solo grazie a Expo che ha fatto arrivare metà della cifra necessaria.

Cosa significa oggi parlare di biodiversità?

Spesso pensiamo di essere gli unici abitanti del nostro pianeta, o meglio: gli unici che meritano di fare delle scelte su scala locale e mondiale. La biodiversità è ciò che ci circonda: qualsiasi organismo che cresce sulla superficie terrestre è biodiversità. Un luogo come Astino ci permette di riscoprire e tutelare tutta una serie di specie che vivono spontaneamente e che altrimenti non sarebbero così a portata di mano. Per questo dobbiamo ringraziare chi, in passato, ha pensato che fosse giusto tutelare questa valle: sono state delle scelte etiche e non di convenienza.

Ma Astino è anche l’agricoltura a chilometro zero che vi viene prodotta.

Mediamente una persona consuma un pasto almeno tre volte al giorno e mangiare è un gesto che ha a che fare eccome con la biodiversità, eppure non ci poniamo spesso questo problema. A volte facciamo scelte regolate dalla standardizzazione dei prodotti, dalla marca, dal prezzo minore; tutto questo però ha dei costi ambientali talvolta enormi. Ragionare in termini di biodiversità significa fare delle scelte etiche, significa sostenere delle filiere agricole precarie ma che ci permettono di consumare prodotti genuini e dal sapore impareggiabile: prendiamo, ad esempio, la “scarola dei colli” che è buonissima ed è tipica della bergamasca, eppure chi a Longuelo l’ha mai mangiata?

Termini come biodiversità, ecologia e sostenibilità vanno molto di moda in questo periodo. Ma a che punto è la consapevolezza delle persone?

Siamo al punto in cui ci troviamo di fronte a tutte le sfumature possibili: ci sono quelli che ignorano la questione ambientale, ci sono quelli che continuano ad avere una visione antropocentrica e sono impermeabili a qualsiasi questione ambientale, ma ci sono anche persone estremamente consapevoli e tra questi anche tanti giovani, penso ad esempio ai Fridays for future. L’invito di papa Francesco tramite la Laudato si’ ha poi contribuito a cambiare un po’ la mentalità sia del singolo cittadino che dei grandi decisori. Insomma, segnali di speranza ce ne sono, ora bisogna passare alla concretezza dei fatti.