Un laicato è maturo quando rimane fedele alla propria comunità

Un laicato è maturo quando rimane fedele alla propria comunità

Il cambiamento di un pastore è sempre un passaggio delicato: la tentazione di andarsene è forte ma la scelta adulta è sempre quella di continuare a far crescere la vita parrocchiale, magari in altre forme

Longuelo Comunità, DIARIO DI UN PARROCO DI PERIFERIA aprile 2024

Le partenze lasciano inevitabilmente un vuoto. In chi parte e in chi resta. Fa soffrire, ma va messo in conto. Anche per una comunità cristiana il cambiamento del pastore è una prova di maturità che chiede una seria assunzione di responsabilità. Innanzitutto da parte del prete che viene trasferito, chiamato a vivere la separazione non come un lutto irreparabile ma come una nuova nascita. È come quando un figlio o una figlia escono di casa. Poi non ci tornano più. E mi chiedo: chissà se sarò capace di rispettare questa consegna? Ricordo ancora il giorno in cui mia madre, diventato prete e assegnato alla parrocchia di San Tomaso in città – siamo in un’era geologica fa, settembre 1986 –, mi chiese, salutandola, di lasciare le chiavi di casa sul tavolo. Il messaggio era forte e chiaro: quella di Torre Boldone, mio paese di origine, d’ora in poi non sarebbe più stata la mia casa. Io, ormai, avrei avuto una nuova casa e una nuova famiglia. Lasciai il mazzo sul tavolo della cucina, perplesso, molto perplesso, e me ne andai. Con tanto magone. Un insegnamento che porto cucito addosso ancora oggi. Ovviamente a casa sono tornato più volte e continuo a tornarci, ma nel cuore ho conservato sempre l’idea che la mia casa fosse là dove esercitavo il mio ministero e che la mia famiglia fosse la mia comunità. Arriverò a sentire questo anche per Colognola. Di sicuro. (Non sono ancora andato a vedere la nuova abitazione e la nuova chiesa). Il risvolto della vicenda è che lasciando una comunità non ti porti dietro la comunità. La comunità la devi lasciare. La comunità deve rimanere al suo posto. Detto in maniera abbastanza cruda: non si deve tornare da dove si è partiti; ma anche: non si cambia parrocchia perché il parroco se ne va. Mi piacerebbe interpretare quest’ultimo movimento come un attestato di affetto, di stima. In realtà, lo vivrei come il fallimento di un lungo lavoro svolto in tutti questi anni. Sì, d’accordo, la città è liquida, i confini sono porosi; la parrocchia non è più territoriale, è semmai quella dove uno si sente a casa; inoltre, è verissimo che alcuni parrocchiani longuelesi non sono originari di Longuelo ma hanno trovato nella nostra comunità uno stile che aiuta il proprio percorso e cammino di fede e di vita. Sono, inoltre, consapevole di aver più volte affermato che la nostra comunità è stata la comunità di tante persone non appartenenti al quartiere: basta vedere il movimento creatosi nel triduo pasquale appena vissuto. Eppure, senza contraddirmi (spero), sono anche convinto di quanto sia fondamentale che le persone rimangano nella parrocchia o quartiere al quale negli anni si è generosamente offerto il proprio tempo di volontariato e si è vissuta un’esperienza intensa di comunità senza sentire la necessità di migrare soltanto perché cambia il parroco. Lo so, qualcuno non sarà per nulla allineato con questo mio pensiero. Mi sento, però, di incoraggiare tutti a continuare a camminare con chi prenderà il mio posto. Del resto io stesso potrei incrociare una situazione analoga nella nuova sede pastorale: se tutti se ne andassero seguendo il pastore in uscita, con chi comincerei a lavorare? È importante che lo zoccolo duro del laicato della comunità – liturgia, carità, famiglie, economia, oratorio – continui a servire la propria chiesa accogliendo il nuovo parroco, consolidando alcune prassi o sviluppando nuovi pensieri pastorali. Magari dalla creatività di chi rimane possono nascere nuove idee. E non sarebbe male. Quando arrivai a Longuelo sedici anni fa apprezzai come grande gesto di maturità l’atteggiamento di chi decise di confermare la collaborazione con me, novello parroco. Alcuni se ne andarono, ma per lo più si rimase fedeli alla vita pastorale della comunità. Questa è la lezione che ricevetti nel 2008 e questa è la lezione che mi piacerebbe consegnare.