I ragazzi intervistano Dio: “Perché non fai smettere il male nel mondo?”

I ragazzi intervistano Dio: “Perché non fai smettere il male nel mondo?”

Metti un pomeriggio di catechesi all’oratorio quando i figli si immaginano di avere di fronte a loro Dio in persona. Ecco quello che gli hanno chiesto

Longuelo Comunità, DIARIO DI UN PARROCO DI PERIFERIA gennaio 2024

È bellissimo ascoltare i ragazzi quando parlano di Dio o s’addentrano nei massimi sistemi (beh, sanno fare anche questo, senza saperlo). Ti sorprendono non tanto per la loro limpidezza e schiettezza quanto perché offrono risposte disarmanti alle quali tu, adulto navigato e dalla fede scontata, non avresti mai pensato. È successo in un incontro di catechesi in una delle ultime domeniche pomeriggio. L’incontro si presentava impegnativo e magari pretenzioso. Titolo: “E se Dio fosse seduto di fronte a noi cosa gli chiederemmo?” Ci è venuto spontaneo pensare che a Dio una domanda così, se proprio, gliela si potrebbe rivolgere nel giorno del giudizio ultimo. Ma loro insistevano nel volersi confrontare adesso. Provo a dare conto dei loro interrogativi senza troppi filtri. Alcuni sono di alto profilo filosofico, per non dire squisitamente teologico. Nessun genitore (di sicuro nessun parroco) riuscirebbe a rispondere, per esempio, a questioni così enormi come “Cosa c’è prima della vita?” o “Che senso ha la nostra vita?” oppure “Come mai ci hai creato?” e “Perché la gente muore e cosa c’è dopo la morte?”. Soprattutto quest’ultima: cosa rispondi a un ragazzo? Non te la puoi cavare con frasi fatte o adesso dormi che ci pensiamo domani. Alcune domande attengono inequivocabilmente all’antica teodicea, cioè a quel ramo del sapere teologico che si proponeva di indagare la grande questione del male: “Perché non fai smettere il male nel mondo?” oppure “Ma nel mondo ci sono più buoni o più cattivi?”. Altre si permettevano questioni chiaramente più catechistiche: “Esiste veramente il paradiso?” In questo dialogo nemmeno poi così immaginario sgusciavano fuori curiosità scientifiche che chiedevano un approccio competente: “Hai creato un’altra galassia oltre la nostra?” o “C’è vita su altri pianeti?” A quanto pare, i piccoli sono già abbondantemente attrezzati in materia di universo e filosofia della scienza. Anni di “BergamoScienza” avranno prodotto pure qualcosa di buono, no? Le sorprese però non erano finite, perché i giovani intervistatori non tralasciavano nemmeno curiosità tipiche dei nipoti che sulle ginocchia dei nonni chiedono senza pudore e con molto affetto: “Come stai?”, “Dove e con chi vivi?”, “Quanti anni hai?”, “Cosa ti piace mangiare?”, “Cosa fai durante la giornata?” e… “C’è una squadra di calcio che tifi?”. Dietro a questa batteria di domande si celava il desiderio di immaginare Dio un po’ come noi, giusto per sentirselo più vicino. La domanda che invece mi ha spiazzato e tramortito è arrivata soltanto alla fine dell’incontro: “Qual è stato l’errore più grande della tua vita?” Ma che domanda è? Anche Dio sbaglia? Spero di non dover più incrociare il giovanissimo interlocutore che ha messo tutti sotto scacco. Me per primo. Come si vede, i nostri figli sono seri e chiedono risposte serie. A quanto pare non digeriscono che gli si risponda con il classico capirai quando sarai più grande. A queste domande non puoi certo sottrarti né girarci intorno ed è per questo che il patrimonio della fede cristiana meriterebbe maggiore attenzione: lo sforzo di rimettere testa su quei capitoli dell’esperienza cristiana a volte così sepolti in qualche anfratto di casa non sarebbe tempo sprecato. Sono i figli che chiedono a noi adulti di essere seri nella fede. Ah, stavo dimenticandomi la loro ultima curiosità: “Perché esistono le zanzare?”

.