Dio a Natale mette in gioco il meglio di sé

Dio a Natale mette in gioco il meglio di sé

Ci commuove sempre l’avvenimento-evento della nascita di Betlemme. Il cristianesimo avrebbe ancora molte risorse da giocare a favore della comprensione del senso della vita umana

Longuelo Comunità, dicembre 2023

Gli auguri di buon Natale dovrebbero essere un poco sinceri. Non possiamo permetterci né la retorica né i buonismi. Siamo tutti ormai abbastanza scafati dall’accorgerci che il Natale non è più una festa cristiana, è stata interamente fagocitata dalla devozione consumistica che asseconda e plasma i nostri desideri con un’infinità di oggetti, per altro tutti deliziosi e irresistibili. Si è per così dire secolarizzato. Noi moderni non siamo più dei grandi cercatori di Dio, ci limitiamo a saturare qualche bisogno religioso. Il nuovo paradigma culturale ha intronizzato nuove forme di religione, meno evidenti ma non meno efficaci, dove il Dio Io giganteggia indisturbato. È l’era del monoteismo del Sé. Siamo ormai entrati in quella nuova stagione che eccita il narcisismo di ciascuno di noi. Ci siamo dentro un po’ tutti. E va bene anche così. Prendiamone atto e non facciamone una battaglia identitaria. Chi può metterà in campo il meglio dei suoi stili di vita percorrendo un’altra via laterale allo shopping mall tutto casa e affetti del Natale. Difficile per l’uomo contemporaneo ipotizzare anche solo una fede minimale se “credendo” nell’unico comandamento dell’autosufficienza (bastarsi da sé) esclude la possibilità della relazione con altro, se non decide di misurarsi con l’“altro” che proprio perché è il fondamento e l’origine non può darsi da sé, se s’illude di padroneggiare la vita senza mai concederle quel credito di gratuità (graziosità, grazia) per la quale la vita è promessa. Coltivo la convinzione che il Natale ci costringa a maturare un’idea altra di vita e di stare al mondo. Il Natale avrebbe ancora tutte le carte in regola per parlarci di quel Dio bambino venuto “ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1). Il cristianesimo avrebbe ancora mille risorse da giocare per mostrarci il senso di una vita umana degna di questo nome, all’altezza del sogno di Dio, cominciando proprio dall’avvento dell’evento per eccellenza: “Ci è stato dato un figlio” (Isaia 9,5). Abbiamo a che fare con un Dio de-centrato, che non sgomita per mettersi al centro ma che venendo in mezzo a noi decide di mettere l’uomo al centro dei suoi pensieri migliori. Sì, l’uomo, la sua inderogabile preoccupazione. Il meglio di sé l’ha messo a nostra disposizione. Non ha voluto tenere nulla per sé. Quello che aveva ha voluto condividerlo. È l’incarnazione. Ed è proprio un’altra idea di vita. M’impensierisce molto la deriva dell’uomo contemporaneo che si con-centra nella realizzazione di sé senza pensare che è solo il de-centrarsi a realizzarci. Questo è stato lo stile di Dio Noi. L’abbiamo rintracciato nell’umanità del cucciolo di Betlemme. Per il resto il cuore e la mente corrono a Israele, alla Terrasanta, ripensano al conflitto russo-ucraino cancellato dalle agende mediatiche come molte altre aree di crisi di questa terza guerra mondiale a pezzi. Non posso far finta che nella terra natale di Gesù oggi si sono consumate le più atroci barbarie. È una contraddizione insopportabile. E io non so celebrare non pensandoci. Per il resto il cuore si spinge ai mille angoli del mondo, dove si consuma un’altra guerra silenziosa ma non meno feroce che riguarda i poveri, dagli immigrati costretti a “celebrare” Natale su chissà quale improbabile barcone ai clochard di ogni ordine e grado. Non possiamo certo salvare noi il mondo. Ma come ci insegnava una sapiente tradizione, si tratta almeno di prevedere un posto a tavola per chi potrebbe arrivare. Non arriverà mai, lui non busserà alla porta delle nostre case, per vergogna, per paura di disturbarci, ma offrirgli un luogo di ospitalità sarebbe già un guadagno d’umanità. È il senso della copertina di Fabio Delvò, illustratore collaboratore del Corriere della sera appositamente confezionata per noi, ha cercato di interpretare in chiave contemporanea il presepe “ideato” da san Francesco e che quest’anno ricorda i suoi 800 anni. L’immagine compensa quella tradizionale allestita come ogni anno sotto la nostra tenda. Rivolgo i miei migliori auguri alle famiglie della comunità, fonte di affetti e di fede, ai più fragili, agli ultimi nascosti, e alle nuove generazioni perché guardino al futuro con speranza e sentano il desiderio di spendere la vita per una buona causa. Per meno di questo non saprei che augurio porgere. 

Auguri di buon Natale a tutta la comunità e agli amici che ci seguono