Davvero tutti i desideri sono diritti?

Davvero tutti i desideri sono diritti?

Il dibattito pubblico attorno ai diritti polarizza la politica (ma anche la famiglia cattolica). I valori fondati sulla legge naturale sono in crisi. Emerge una nuova visione del mondo.

Non ho le competenze per dirimere le grandi questioni etiche che in questo periodo agitano il dibattito pubblico, dividendo da sempre la politica nostrana dove sembra che i temi della giustizia sociale siano qualcosa di sinistra e quelli a garanzia della vita di destra. La separazione è grossolana. Oggi la discussione è polarizzata attorno ai diritti, soprattutto i cosiddetti individuali: maternità surrogata, omogenitorialità, adozione dei figli da parte di coppie omosessuali, riconoscimento della comunità lgbtq+ e molto altro. Anche in casa cattolica ci si contrappone tra i difensori di un’idea tradizionale della famiglia e gli aperturisti che considerano famiglia anche l’unione di due persone dello stesso sesso o anche solo conviventi. Il tema è complesso, ha risvolti differenti (etici, giuridici, politici). Tutti parlano (cattolici compresi) di qualcosa per la quale non si possono pretendere convinzioni granitiche. La prima vera cosa da fare, infatti, sarebbe proprio studiare la materia. Poi, se necessario, parlare. La morale tradizionale che ha funzionato da collante sociale fino al Sessantotto (quando la fantasia è andata al potere e le auctoritates sociali sono state demolite) è stata ormai smantellata dall’attuale clima culturale che a quella tradizione (cattolica) non si riferisce più. L’impianto tradizionale sosteneva che i valori in materia di vita, sessualità, educazione fossero di diritto naturale. La legge naturale presiedeva i comportamenti dei singoli e la convivenza sociale. Oggi, però, non può più pretendere di proporsi come autorevole e vincolante. Oggi è proprio l’aggettivo naturale ad essere messo in discussione. Cos’è naturale? Chi decide cosa sia naturale tanto da elevarlo a diritto normativo per tutti? Niente, parrebbe, visto che nell’attuale vissuto sociale la nozione di naturale dipende molto da come ciascuno si sente (e si percepisce) e se lo sente per sé – per via del principio e primato insindacabile dell’individuo sulla società o comunità – ha il diritto di vederselo riconosciuto. La natura secondo la tradizione cattolica, ma non solo, era un fondamentale universale, oggettivo, e come tale intangibile. Non è più così. Il recente incontro con alcuni giovani della comunità è stato la cartina di tornasole per capire che il vento culturale è cambiato vorticosamente e che la società sta per essere investita da uno tsunami in grado di ribaltare tutti i valori e le narrazioni tradizionali. Se poi aggiungiamo l’avvento di temi come il metaverso, l’intelligenza artificiale, l’ibridazione tra tecnologia e corpo umano che toccano in modo sostanziale l’identità dell’individuo e lo statuto della sua coscienza non è difficile immaginare che qui ad essere messa in crisi è proprio una consolidata concezione dell’umano. Che ne è dell’umano, infatti, almeno per come da sempre lo concepiamo? Torna la questione dei diritti. Noi siamo diventati una società dei diritti. Ed è giusto così, ovvio. Ma nell’attuale dibattito si ha a volte la sensazione che i desideri di qualcuno – soprattutto in materia di vita, generazione, sessualità – assurgano a bisogni necessari di civiltà. E come tali meritino di diventare diritti per tutti. Da garantire per legge. Ma siamo sicuri che tutti ne potrebbero beneficiare? Temo di no. Se i diritti non sono davvero per tutti si chiamano privilegi. Mi rendo conto di entrare in una zona minata, ma la domanda va posta. E se l’è posta un opinion leader come Gramellini in un suo Caffè prepasquale: “Davvero tutti i desideri sono diritti?” Di sicuro una cosa mi è chiara: i cattolici non possono continuare a rivendicare le loro idee semplicemente in nome di una visione che la cultura – desatelizzata da ogni riferimento religioso – non riconosce più. Quando essi intervengono non dovrebbero mai farlo per tutelare i “loro” valori (esistono valori etici esclusivamente cattolici?), ma le ragioni e il bene di tutti. Oggi la posta in gioco è la difesa di quell’umano per il quale non possediamo più una lingua madre comune.

I cattolici non possono continuare a rivendicare le loro idee semplicemente in nome di una visione che la cultura non riconosce più. Sono chiamati a difendere le ragioni e il bene di tutti.